I MEDIA SVIZZERI ALIMENTANO I PREGIUDIZI CONTRO I MUSULMANI



Toni ostili, generalizzazioni: cattive note alla stampa svizzera in uno studio della Commissione federale contro il razzismo.

 
I dati raccolti hanno permesso di identificare elementi problematici, quali la focalizzazione su determinati temi e interlocutori e il forte aumento degli articoli che suscitano distanza nei confronti dei musulmani.
Nella copertura mediatica dei musulmani in Svizzera, i diretti interessati, ossia gli attori musulmani, fungono prevalentemente da oggetto. Nel 55 per cento dei contributi giornalistici si scrive su di loro, senza però dare loro la parola e in un altro 25% dei casi viene data loro la parola soltanto marginalmente.
Sovente quando è data la parola ai musulmani lo scopo è quello di alimentare il confronto. Godono di un’alta risonanza soltanto pochi esponenti della moschea An’Nur e del CCIS e Saïda Keller-Messahli, nota per le sue posizioni critiche nei confronti delle associazioni nazionali svizzere dei musulmani. Ai rappresentanti di queste associazioni è invece data raramente la parola.
La tendenza è comunque differenziata a seconda delle regioni linguistiche: nella Svizzera italiana e francese la quota di articoli che suscitano distanza – rispettivamente del 28% e del 31% – è nettamente inferiore a quella della Svizzera tedesca (46%). Il paragone diretto tra le edizioni di '20 minuti' delle tre regioni linguistiche conferma questo dato.

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